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L’accurata progettazione di linee vita è indispensabile per garantire la sicurezza dei lavoratori.

Non esiste una “linea vita” come prodotto universale, adattabile a tutti i tetti, ma si tratta di un sistema complesso, composto in maniera diversa in funzione di distinti elementi. Ciò richiede sempre un progetto.

La progettazione di una linea vita

La progettazione di una linea vita deve tener conto:

-della valutazione dei rischi ed indicazioni sulla conseguente scelta del sistema di protezione dalle cadute.

-Percorsi per arrivare all’accesso in copertura.

-Punti e modalità di accesso in sicurezza alla copertura.

-Valutazione del rischio conseguente alla caduta, a cui il lavoratore è esposto anche se è legato, derivante dall’oscillazione del corpo e dal conseguente urto contro ostacoli (effetto pendolo), da sollecitazioni trasmesse dall’imbracatura sul corpo al momento dell’arresto della caduta, dal tempo di permanenza in sospensione inerte.

Il progettista deve quindi valutare le zone in cui esiste l’effetto pendolo, prevedendo l’installazione di un secondo punto di ancoraggio.

Dalla proposta economica all’installazione, fino alla manutenzione, garantiamo al Cliente assistenza e consulenza con il supporto di personale qualificato e documentazione tecnica.

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Gli obblighi del progettista

Il progettista deve progettare e creare un elaborato grafico con la descrizione dei rischi e delle modalità di utilizzo del sistema anticaduta. La Pianta del tetto con indicazione della posizione dei dispositivi di ancoraggio e delle linee vita ed i vari percorsi in sicurezza. Le Istruzioni di utilizzo del sistema anticaduta ed indicazioni dei DPI che deve avere in dotazione un operatore. Le scelte effettuate in fase di progettazione sono volte a rendere sicura la copertura, garantendo al contempo comodità e facilità di utilizzo.

Il Progetto ed elaborato grafico devono permettere al datore di lavoro di fornire agli utilizzatori “dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.” (art. 26 del d.lgs. 81/2008).

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La corretta valutazione dei rischi in azienda, e quindi la presenza del DVR (documento di valutazione dei rischi), è fondamentale per il datore di lavoro.

Il Decreto Fisco e Lavoro, oggi legge 215/2021, prevede la sospensione dell’attività in mancanza di anche solo uno dei principali adempimenti in tema di sicurezza sul lavoro.

Le “gravi violazioni” sono elencate sulla Circolare n. 4 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), competente per materia, pubblicata il 9 dicembre 2021:

-la mancata predisposizione del Documento di valutazione rischi (DVR);

-la mancata predisposizione del Piano di emergenza e di evacuazione;

-la mancata formazione ed addestramento del personale;

-la mancata costituzione del Servizio di prevenzione e protezione (SPP) e della nomina del relativo responsabile;

-la mancata elaborazione del Piano operativo di sicurezza (POS);

-la mancata fornitura dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto;

-la mancanza di protezioni verso il vuoto;

-la mancata applicazione delle armature di sostegno;

-l’effettuazione di lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi;

-la presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi;

-la mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti;

-l’omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.

Alcune delle violazioni interessano il piano concreto, altre quello documentale; tra queste spicca il caso della mancata predisposizione del DVR, il primo e principale degli adempimenti documentali in tema di sicurezza sul lavoro, che deve essere predisposto da tutte le aziende che hanno almeno un dipendente.

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Cos’è il DVR? (documento di valutazione dei rischi)

La valutazione dei rischi è uno degli obblighi principali di ogni datore di lavoro (artt.17, 28 e 29 D.Lgs. n. 81/2008). Per effettuare la valutazione dei rischi di una realtà lavorativa occorre individuare tutti i pericoli connessi all’attività svolta e quantificare il rischio, ossia la probabilità che ciascun pericolo si tramuti in danno, tenuto conto dell’entità del potenziale danno. Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi in forma scritta, elaborando un documento denominato “documento di valutazione dei rischi” o “DVR”. La mancata valutazione dei rischi da parte del Datore di Lavoro è sanzionabile con arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 euro a 6.400 euro.

La sicurezza sul luogo di lavoro è un diritto del lavoratore ed un interesse per l’impresa, che garantisce così un ambiente confortevole, sicuro e quindi più produttivo.

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Priorità dei dispositivi di protezione collettiva su quelli individuali

Per “dispositivi di protezione” si intendono tutte le attrezzature che hanno la funzione di tutelare la sicurezza delle persone in diversi ambiti riducendo, per quanto possibile, l’esposizione ai rischi.

La differenza tra DPI, dispositivi di protezione individuale, e DPC, dispositivi di protezione collettiva, è che i primi sono strumenti progettati per essere indossati da un solo lavoratore per la sua salute o sicurezza, come ad esempio caschi, guanti, occhiali, mentre i secondi offrono allo stesso tempo protezione a più lavoratori dagli stessi rischi lavorativi, e inoltre le condizioni di sicurezza che garantiscono i dispositivi di protezione collettiva sono quasi sempre molto superiori rispetto a quelle garantite dall’uso dei dispositivi di protezione individuale.

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La legge sui dispositivi di protezione

La normativa di riferimento è il D.lgs 81/08 (agli art 15, 75 e 111), che sancisce che l’uso dei dispositivi di protezione collettiva debba essere necessariamente prioritaria rispetto all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, e a confermare questo orientamento c’è stata anche una importante sentenza giuridica, la 34789/2010 della Cassazione, Sez. IV Penale. Inoltre, la legge sancisce l’obbligo dei dispositivi di protezione collettiva nel caso di lavori effettuati su lucernari, tetti e simili (cioè per tutti i lavori svolti in altezza o in alta quota), e in questo caso sono obbligatori i DPC quali parapetti provvisori, reti di sicurezza oppure sistemi combinati di prevenzione e sicurezza dei lavoratori. Anche quando il riferimento normativo non è esplicito, le norme pongono sempre i dispositivi di protezione collettiva prioritari rispetto a quelli individuali.

L’idea alla base di questo ordine gerarchico segue il principio secondo cui il datore di lavoro debba agire, laddove possibile, con priorità sui rischi interessanti la globalità dell’ambiente lavorativo, riducendoli o eliminandoli. I DPI in dotazione, invece, devono essere considerati come difesa ultima del lavoratore che ne fa uso e non come unica fonte di protezione.

Qualsiasi operatore che esegue lavori che comportano rischi per la propria incolumità deve lavorare in sicurezza come da normative contenute nel D. Lgs. 81/2008. Nelle Marche vige l’obbligo di installazione di Linee Vita dal 2014 quando viene emanata la prima legge regionale relativa alle misure di sicurezza in quota.

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Il datore di lavoro ha l’obbligo e il dovere di mettere tutti gli operatori in sicurezza.

I rischi di caduta dall’alto continuano a rappresentare una percentuale altissima di infortuni, soprattutto mortali, sui luoghi di lavoro.

Questo rischio, che raggiunge il suo massimo nei cantieri temporanei e mobili, dove le lavorazioni in altezza vengono svolte quotidianamente, interessa tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da un’altezza superiore a 2 metri, in particolare i manutentori di fabbricati e/o di impianti.

Ogni azienda, che espone i propri dipendenti a un rischio di caduta dall’alto, al dovere di mettere tutti gli operatori in sicurezza, partendo dalla scelta di attrezzature da lavoro idonee e adeguate a creare condizioni di lavoro sicure, indipendentemente dalla modalità specifica dell’incidente.

Dunque, per garantire la massima protezione dei lavoratori, la legge disciplina ed elenca i principali tipi di protezioni che il datore di lavoro deve fornire al lavoratore.

Esse si dividono in:

– Collettive: quali il ponteggio metallico fisso, i parapetti, le reti di sicurezza;

– Personali: quali i dispositivi individuali di protezione individuale ( DPI) come elmetti di protezione, dispositivi anticaduta, dispositivi di ancoraggio, imbracatura per il corpo;

– Temporanee: quali il ponteggio metallico fisso, i parapetti mobili;

– Fisse: quali i parapetti e sistemi fissi di ancoraggio.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di scegliere le misure di volta in volta più idonee per garantire l’incolumità al dipendente, a seconda del tipo di lavorazione e del grado della pericolosità della stessa.

È importante sottolineare che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che il compito del datore di lavoro non può esaurirsi nel fornire ai lavoratori le misure e gli addestramenti necessari a garantire loro l’incolumità; ma, in quanto esso stesso è titolare di uno specifico obbligo di garanzia nei confronti dei dipendenti stessi, permane su di esso un obbligo residuale di controllo tale per cui egli dovrà assicurarsi che, effettivamente, ogni singolo lavoratore si avvalga in modo costante e corretto delle misure stesse.

Se tutto questo viene a mancare, scatterà in automatico il reato.  Sul datore ricadrà una responsabilità penale molto severa al punto di essere accusato di omicidio colposo se il lavoratore muore, anche a distanza di tempo, in conseguenza dell’infortunio o della malattia o quello di lesioni colpose se egli riporterà un’invalidità, transitoria o permanente, nel corpo o nella psiche.

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Linea Vita Marche Srl è specializzata nella vendita dei dispositivi di ancoraggio strutturale o Linea Vita e dei sistemi di anticaduta dall’alto. La nostra struttura è in grado di soddisfare le esigenze del cliente, dalla ricerca e sviluppo alla posa in opera, all’addestramento pratico ed al loro corretto utilizzo.

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Le imbracature di sicurezza salvano vite prevenendo lesioni gravi che possono verificarsi quando le persone cadono da grandi altezze, ma il trauma da sospensione può essere pericoloso se non viene affrontato.

Uno dei metodi per proteggere l’operatore in quota da una caduta è l’arresto anticaduta. In questo caso si dispone di una protezione individuale (DPI) come un’imbracatura e un cordino attaccato che viene utilizzato per collegare un lavoratore a un punto di ancoraggio. Con questo utilissimo ingranaggio si impedisce al lavoratore di colpire il suolo. Il problema però inizia a svilupparsi proprio quando l’operaio rimane ancora sospeso dell’imbracatura anticaduta. Durante questo periodo di sospensione, inizia a insinuarsi il pericolo più sottile e sinistro: il trauma da sospensione.

In seguito alla caduta, quando si rimane sospesi al sistema di arresto caduta, può succedere che i cosciali dell’imbracatura anticaduta schiaccino le arterie femorali all’interno delle gambe, interrompendo la circolazione sanguigna. Si verifica pertanto un sequestro di sangue negli arti inferiori, con conseguente diminuzione del ritorno venoso al cuore, collasso cardiocircolatorio, arresto cardiaco e morte.

È possibile adottare misure per limitare il rischio di traumi da sospensione?

Per mitigare il rischio di traumi da sospensione, oltre ad utilizzare cinghie per traumi su tutti gli attrezzi anticaduta, è fondamentale un piano di protezione anticaduta per tutti i lavori in quota che include un piano di salvataggio e formazione sui rischi nell’uso di dispositivi di protezione anticaduta.

Inoltre, ci sono situazioni che in caso di insorgere della sindrome, ne facilitano la corretta gestione:

– non essere soli (al sopraggiungere della sindrome deve essere presente qualcuno che ci può aiutare)

– conoscere le manovre di autosoccorso e di soccorso

– saper riconoscere segni precursori ed interrompere l’attività

– buona condizione psico-fisica

Il trauma da sospensione rappresenta un grave rischio per i lavoratori in quota.

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Un sistema linea vita ha lo scopo di proteggere in modo adeguato chi lavora sui tetti, permettendogli di fare il suo lavoro in totale tranquillità e sicurezza sulla superficie di un tetto.

Un lavoro viene considerato in quota quando si svolge a due o più metri di altezza da un piano stabile. Per tutte le figure che operano in quota è indispensabile lavorare in sicurezza e questo è possibile solo mediante l’installazione di sistemi anticaduta e linee vita a norma di legge, oltre che l’utilizzo di DPI certificati.

Come installare una linea vita?

Una linea vita è formata da un cavo o un binario rigido, orizzontale, inclinato o verticale, su cui scorre un elemento di connessione, come un moschettone, una navetta ecc., collegato all’imbracatura dell’operatore.

L’installazione di una linea vita deve sottostare a precise norme e rispettare rigidi standard di sicurezza. Per questo, nell’installare una linea vita, è fondamentale rivolgersi ad aziende certificate con una solida esperienza nel settore.

L’installazione, infatti, deve sempre seguire un progetto e rispettare le normative europee in merito alla sicurezza.

Per installare una linea vita occorre un operatore esperto e certificato, un cavo in acciaio inox o zincato per le linee vita flessibili, un profilato in alluminio o in acciaio per quelle rigide. L’installatore, munito di tutti i DPI, applica i ganci alla sezione dove è necessario installare la linea e fa passare il cavo negli appositi fermi fissati in precedenza.

Le linee vita possono essere installate laddove è necessario garantire la sicurezza nel lavoro, quindi su tetti, controsoffitti, coperture ecc.

Chi può installare linee vita?

Solo le aziende che riescono a garantire il rispetto degli standard e delle norme dedicati alle linee vita possono installarle.

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Prevenire le cadute dall’alto si può

Grazie al Superbonus 110% le imprese hanno ricevuto molte richieste e il settore edile si è ripreso, nonostante le criticità dovute al Covid.

Questo, però, ha comportato anche il ritorno di infortuni sul lavoro. Sono stati numerosi gli incidenti di cadute dall’alto, riportati spesso dalla cronaca, che hanno coinvolto i lavoratori del nostro Paese. Purtroppo abbiamo imparato ad utilizzare la mascherina ma non ancora l’imbracatura per la sicurezza in quota.

Si possono prevenire le cadute dall’alto?

Sì, le cadute si possono prevenire: svolgendo le attività in un luogo di lavoro sicuro.

Corretta progettazione dei sistemi anticaduta: Ogni sistema anticaduta deve essere funzionale al suo scopo, per cui a garanzia della conformità e della sicurezza del progetto questo deve essere redatto e firmato esclusivamente da un tecnico abilitato.

Corretta installazione dei sistemi anticaduta: l’installazione dovrà essere svolta da personale competente e formato. Al termine dell’installazione l’installatore dovrà rilasciare al committente la Dichiarazione di corretto montaggio, un documento che attesta il montaggio a regola d’arte. Dopo l’installazione il sistema potrà inoltre essere collaudato, per testarne la tenuta alla struttura di supporto.

Corretta formazione e informazione sui DPI di III categoria: il D.Lgs 81/2008 impone l’obbligo di svolgere un corso di formazione e addestramento per lavori in quota, in modo tale da acquisire le conoscenze necessarie per l’utilizzo dei Dispostivi di Protezione Individuale di III categoria anticaduta e per svolgere le attività in totale sicurezza. Oltre alla formazione, il datore di lavoro è responsabile di informare correttamente i lavoratori riguardo i rischi che presentano le varie attività, dando priorità alle misure di protezione collettiva rispetto a quelle individuali e fornendo tutti gli strumenti per proteggere gli operatori da danni e infortuni.

Corretto utilizzo dei sistemi anticaduta: L’utilizzatore del sistema di ancoraggio, prima di utilizzare il sistema anticaduta dovrà prendere visione della documentazione di progetto, per individuare in quali punti sono installati i sistemi di ancoraggio e conoscere la via di accesso alla copertura, per individuare le zone di pericolo e la tipologia di DPI da utilizzare, nel contempo dovrà consultare il manuale d’uso per il corretto utilizzo dei prodotti installati.

Corretta manutenzione dei sistemi anticaduta: la norma UNI 11560:2014 prevede la revisione periodica della linea vita:

almeno ogni 2 anni con ispezione visiva, per verificare l’eventuale presenza di ruggine, di corrosione, l’integrità dell’assorbitore e del cavo, ecc.;

almeno ogni 4 anni con ispezione strumentale degli ancoranti alla struttura di supporto, per testare la tenuta dell’ancoraggio al carico di progetto.

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La manutenzione dei sistemi anticaduta, fondamentale per tutelare committenti e operatori

La manutenzione delle linee vita è fondamentale per garantire la sicurezza dei lavoratori ed evitare spiacevoli penali al soggetto responsabile.

Ma perché è necessario eseguire l’ispezione periodica?

In particolare, l’ispezione periodica è fondamentale per:

-Per verificare la corretta funzionalità dell’impianto: tale controllo è volto a controllare che la struttura non abbia subito danni, manomissioni o cadute occultate.

-le responsabilità civili e penali non sono da sottovalutare quando si parla di sicurezza. Per questo motivo una corretta manutenzione solleva il proprietario o il responsabile di sicurezza da ogni responsabilità.

Da chi vengono eseguite le manutenzioni delle linee vita?

Le linee vita vengono sottoposte a manutenzione da personale qualificato, come gli installatori e/o ispettori di riferimento. Secondo la normativa UNI 11560:2014 che regolamenta questa pratica, il personale destinato alla revisione deve essere costituito da tecnici esperti ai quali è stato rilasciato un certificato di idoneità alla manutenzione.

Cosa comprendono le manutenzioni?

Le manutenzioni comprendono tutti i controlli necessari per fare sì che i dispositivi si possano continuare a utilizzare e che possano perdurare negli anni.

Le ispezioni si suddividono in tre categorie principali:

-Ispezioni che precedono il montaggio: cioè tutti i controlli necessari per la verifica e il controllo per assicurarsi che la superficie di ancoraggio sia adatta alla linea vita.

-Ispezioni che precedono l’utilizzo del dispositivo: a seguito del montaggio è necessario ispezionare il dispositivo per verificare che sia in sicurezza.

-Ispezioni periodiche: controlli periodici per permettere il continuo utilizzo del dispositivo anticaduta in totale sicurezza negli anni.

I controlli effettuati comprendono verifiche a tutte le componenti della linea vita:

-Verifica usura, ossidazione e corrosione

-Verifica deformazione anomala della fune

-Verifica deformazione componenti

-Serraggio morsetti

-Serraggio dadi e bulloni: verifica con chiave dinamometrica della coppia di serraggio delle bullonerie (come da prescrizione metrica dei vari filetti/bulloni)

-Verifica della tensione del cavo

-Stato delle eventuali parti mobili

Ogni quanto svolgere le revisioni?

Ogni linea vita o sistema di ancoraggio, deve essere ispezionato ad intervalli regolari, raccomandati dal fabbricante dei dispositivi stessi. Le norme tecniche prescrivono che l’intervallo tra due ispezioni non superi i 2 anni per i controlli al sistema di ancoraggio e i 4 anni per i controlli relativi alla struttura di supporto e agli ancoranti.

La manutenzione delle linee vita è una procedura fondamentale per garantire nel tempo l’efficienza dei sistemi di ancoraggio e la sicurezza dei lavoratori in quota.

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Il proprietario o l’amministratore di un immobile deve garantire la presenza di idonee misure di protezione per chi lavora sul tetto della propria abitazione o su un’altra area di lavoro in quota, ad esempio una terrazza.

Quando un proprietario di una villetta o un amministratore di condominio commissionano un lavoro di ordinaria manutenzione sul tetto ad un antennista, ad un muratore o ad uno spazzacamino, i primi hanno la responsabilità di assicurarsi della presenza o della predisposizione di idonee misure di protezione e del loro corretto utilizzo.

Le misure di protezione possono essere parapetti, reti anticaduta o in alternativa ancoraggi o linee vita fisse o provvisorie a cui chi lavora possa assicurarsi mediante un’imbracatura ed un sistema di collegamento.

Le linee vita rappresentano quasi sempre, per lavori di piccola entità, il sistema con il miglior rapporto tra efficacia e costi.

La sicurezza nei cantieri temporanei viene invece sempre garantita da sistemi di protezione di tipo collettivo come parapetti e ponteggi.

Dunque, se non si ha l’esigenza di commissionare un lavoro sul tetto e se sullo stesso tetto non sono previsti accessi, di norma NON è obbligatorio installare una linea vita o un altro sistema di protezione dalle cadute.

Quando invece si devono obbligatoriamente installare le linee vita?

Le varie regioni e province autonome italiane hanno emesso delle leggi che definiscono l’obbligo di installare sistemi di protezione permanenti da lasciare in dotazione agli edifici, in alcune precise occasioni; ovvero:

-Costruzione di un nuovo edificio

-Manutenzione straordinaria (ma anche ordinaria in alcune regioni) del tetto.

In queste circostanze, in molte regioni è specificato l’obbligo di installare dispositivi permanenti che possano garantire la sicurezza per accessi successivi al tetto.

L’obbligo di installazione di linee vita – sistemi anticaduta nella regione Marche è sancito nella:

L.R. n. 7 del 22/04/2014 “Norme sulle misure di prevenzione e protezione dai rischi di caduta dall’alto da predisporre negli edifici per l’esecuzione dei lavori di manutenzione sulle coperture in condizioni di sicurezza”.

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Nei lavori in quota i lavoratori sono esposti a rischi particolarmente elevati per la loro salute e sicurezza, in particolare a rischi di caduta dall’alto

Il settore dei lavori in quota è uno tra i più rischiosi e spesso può essere anche luogo di incidenti mortali.

In assenza di misure di prevenzione e protezione è sufficiente un attimo di distrazione, una perdita di equilibrio, un malessere o un piede che scivola per provocare una caduta che può avere conseguenze gravissime: le cadute dall’alto sono infatti una delle principali fonti di infortuni mortali o con gravi postumi permanenti e invalidanti.

Tipologie di rischi

La Caduta dall’alto

La caduta dall’alto è chiaramente il rischio più frequente per chi lavora in quota. Eventi accidentali, come la perdita di equilibrio, possono portare a conseguenze davvero gravi se non sono state messe in atto le necessarie misure di sicurezza. Questi rischi possono essere ridotti notevolmente svolgendo lavori in quota con la presenza e il supporto di altri colleghi.

Le casistiche più comuni di cadute dall’alto sono:

– caduta per sfondamento della copertura (23%)

– caduta da scala portatile (17%)

– caduta da parte fissa di edificio (12%)

– caduta da ponteggi, impalcature fisse (10%)

– caduta all’interno di varco (10%)

– caduta da mezzi di sollevamento (9%)

Effetto pendolo

Tra le altre situazioni in quota potenzialmente rischiose, può accadere che il lavoratore possa essere sottoposto al cosiddetto effetto pendolo e urtare, di conseguenza, contro il suolo, una parete o un ostacolo.

La condizione peggiore in cui si sviluppano gli effetti di un effetto pendolo si ottiene in prossimità degli angoli della copertura.

Sindrome da imbraco

Altra circostanza da non sottovalutare riguarda la sospensione inerte del corpo (o sindrome da imbraco). Si tratta di una casistica che può capitare quando un lavoratore, in seguito a una caduta, rimane appeso e senza la possibilità di muoversi. Questa è una situazione che, a causa dell’imbracatura, può portare presto alla perdita di coscienza e, in mancanza di intervento in tempi brevi, anche alla morte.

Per ridurre il rischio da sospensione inerte è fondamentale che il lavoratore sia staccato dalla posizione sospesa al più presto.

La sicurezza sul luogo di lavoro è un diritto del lavoratore ed un interesse per l’impresa, che garantisce così un ambiente confortevole, sicuro e quindi più produttivo.

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